Su Biggi: come Castellani e altri, sono partiti nel momento buono, quando molto poteva essere fatto nel campo dell'arte in generale (pensiamo alla psichedelia, mata a Londra a fine anni cinquanta, poi espansa nella musica di fine anni sessanta), solo per fare un esempio. La psyc. era dovuta all'uso di sostanze e molti artisti della visual art ne facevano da sempre uso, in particolare Lsd cominciò a girarne sempre di più alla metà dei cinquanta e solecitò alcuni pittori ma anche musicisti, a ispirarsi alle cose del mondo e ai loro oggetti interiori, secondo una visione soggettiva che è stata definita alterata, mostruosa, spaventosa, multicolor, eccetera, anche a seconda dell'esperienza squisitamente soggettiva e temporanea, diversa da volta a volta (viaggio e ritorno).
Le arti visive: ho conosciuto Antonioni alla metà degli anni ottanta e l'ho quasi perseguitato fino a parlare con me per la prima volta, cui ne sono seguite altre, per mia fortuna. Che c'entra Antonioni? C'entra eccome! Intanto già aveva tenntato in Deserto rosso di mistificare la realtà, di stravolgerne i colori, dipingendo dei magnifici pini che si stagliavano su un orizzonte dove passava il treno: operazione fallita miseramente a causa di una banalissima pioggerella e forte umidità, che dilavò il lavoro di una decina di persone, che con scale elettriche tipo Enel, erano saliti a livello delle cime dei pini per colorarli con pistole a spruzzo). Ma il tentativo era quello (parole sue) di riflettere il paesaggio con gli occhi della protagonista, la Vitti, nella finzione presa da un male oscuro, dalla solitudine, dal senso di inutilità, dal nichilismo che pervade tutta la trama del film, il primo a colori del maestro.
Due anni dopo, Antonioni assieme alla Vitti erano a NY, e c'è una foto della Vitti con Andy, ma soprattutto, nel 1966 era stato molto tempo nella Swingin London, psichedelica e in piena Summer of Love, e aveva visto tutto.
Quando una volta gli chiesero qualche impressione sui registi che partecipavano a Cannes o al Venezia in quel periodo, Antonioni asserì ironico che per ottenere un premio speciale basta mettere qualche luce strana e sporcare un poco le immagini in qualche inquadratura. E quanto aveva ragione!
Gastone Biggi quindi, è partito nel periodo d'oro, assieme a tanti della sua generazione, potendo scrivere il linguaggio dell'arte visiva in modi nuovi e non banali, senza nemmeno essere coerenti, cambiando nel tempo.
A me piace Biggi?
Non particolarmente, ma questo non significa molto per la storia dell'arte, anche se significa per me e per quelli che seguono un senso complessivo, un qualcosa che va oltre la semplice emozione del momento. In questo senso, è vero che esistono almeno tre Biggi diversi nel tempo e solo in parte compatibili. L'ho già detto, questa gente poteva permettersi il lusso di non essere coerente (ma chi lo è stato ha certamente vinto o perso in modo definitivo) e Biggi certamente non ha scarseggiato. Anche Schifano ha esagerato in tutti i sensi, soprattutto mettendo la sua firma in qualcosa come 6000 lavori e un 10mila repliche. Schifano, che a inizio sessanta se ne andava a NY con una nobile contessa, conosce le avanguardie del momento e se ne ritorna dopo alcuni mesi a Roma, perdendo l'occasione di competere con i grandi del periodo, gente che ha venduto e vende a suon di milioni i quadri (milioni di dollari, non centomila come Schifano).
Quindi, una prima osservazione la possiamo trarre: spesso la quotazione di un pittore dipende dal contesto e dal periodo in cui si colloca, direi quasi da dove lavora, chi frequenta, da chi è visto e ammirato. Non che le cose a Schifano siano andate male, a Roma giirava in spider scoperta, mentre i suoi coetanei e colleghi si ponevano il problema del sessantotto, della mercificazione dell'arte eccetera,
Schifano era già apprezzato dall'Avvocato e da persone del mondo romano che conta, divenedo l'icona del pop italiano e europeo. Jagger che all'eppoca aveva una fidanzata italiana, andò da Schifano che girò delle riprese, molte foto ma alla fine Jagger non si convinse e lasciò cadere il tutto, perdendo l'occasione di diventare un nome che si poteva affiancare a fine sessanta agli Stones.
E' possibile che Biggi un domani vada in asta a un mezzo milione di dollaroni? Forse, ma credo che ormai, tutto quello che ha fatto è stato visto e rivisto e se qualcuno lo voleva valutare molto lo avrebbe fatto no? Pensate a qualche pazzoide che dirige una corporation e che guadagna un milione di dollari al giorno, anche per scherzo, potrebbbe acquistare un quadro a meno di due o trecento mila dollari? A che gli serve comprare uno Schifano a Trentamila dollari, per metterlo in cantina e tenerlo a invecchiare per quarant'anni, per poi, al termine dei suoi giorni, sapere che quel quadro ora vale trecentomila? Nel frattempo Bacon vale tre milioni di dollari, capite?
A Viareggio, quando uscivo da scuola, nel 1974 credo, esponeva una decina di quadri tutti di stesse dimensioni (sui 100x80), a prezzi che oggi equivalgono a un ventimila euri, credo chiedesse sui quattro-cinque milioni di allora. Risultato, questo strano artista che era venuto da solo, in treno con i suoi quadri, li riportò tutti con sé, senza che nessuno dei facoltosi dignitari di Viareggio ne comprasse uno. Il suo nome era Sir Francis Bacon e era già famoso nel mondo, sia chiaro. Vendeva in proprio, capito, andavi nella galleria e parlavi con lui e se volevi acquistavi il quadro con dedica e firma e anche foto assieme per ricordo. Oggi uno di quei dieci quadri è stato battuto a non meno di due milioni di dollari: ventimila euri per un milione e mezzo di euri oggi e a salire e di molto, sia chiaro. Nessuno li ha comprati, lo sottolineo e ne sono contento.
Valore dei quadri contemporanei.
E' un bel tema perché non si tratta solo di stabilire se un quadro mi piace o no, ma si tratta anche di collocare un pittore all'interno di una storia della pittura, mi spiego? Voglio dire, se parliamo della ragazzina che dipinge dei vividi e allegri vasi di fiori, ben fatti e curati, e che si vendono a due o trecento euri, il problema non si pone ma quando siamo di fronte ad esempio a un quadro astratto, dove vediamo che apparentemente (a volte del tutto realisticamente), si tratta di colature di colore su un supporto, dalla carta alla tela al legno al metallo, oppure a una serie di pennellature di varia forma e colore, nella più completa astrattezza e informalità, è chiaro che valutare e collocare una roba di questo tipo è assai più problematico.
Io seguo questo criterio: la coerenza interna del lavoro complessivo del pittore e il confronto con chi lo ha preceduto.
E' chiaro che se mi metto a spiaccicare sulla tela una serie di colpi di colore e a farli sgocciolare di proposito, tenendo la tela dritta, se prendo degli stracci e li strofino sulle parti colorate di fresco e ne provoco degli effetti di trascinamento dei colori gli uni sugli altri, ottengo un risultato che solo in minima parte controllo in tutto e per tutto. In altre parole, una bambina americana, si chiama Marla o Darla credo, (sul Tubo forse si trova), http://youtu.be/CeyM9dG7Uzw
ha tenuto dall'età dei tre anni delle mostre di suoi manufatti, in cui in modo del tutto spontaneo, guazzabuglia dei colori su dei supporti, standosene seduta e divertendosi anche molto. Sembra strano ma a volte si crea la magia e nell'insieme la pattugliata di colori che Darla ha messo sul fooglio assume una conformazione del tutto simile a quella di altri pittori quotati centinaia di dollari e anche migliaia di dollari (e non per questo validi artisticamente).
Cosa voglio dire? Che se non stiamo dentro una forma, a parlare per noi è la tecnica usata e il nostro inconscio. Ma chi può valutare se il nostro inconscio parla un linguaggio che diviene interessante per tutta la gente del mondo? Qui le cose sono più facili: se un quadro esprime qualcosa di profondo, per quanto orribile, parla un qualcosa di universale, che tutti possono riconoscere, mi spiego. Se invece lo costruisco a tavolino (come fanno molti artisti in serie, sponsorizzati da noti galleristi (disonesti)), si perde il contesto universale o si finisce per copiare.
La copia, questo è il secondo criterio.
Quelle sgocciolature, quell'accozzaglia di grumi di colori è già stata fatta da qualcuno in passato? Se la risposta è si, allora devo pensare che siamo dentro alla copia di una rappresentazione tecnica, e devo stare molto attento: il contenuto di quella tecnica è abbastanza universale? Se si posso comunque dirmi che si, la tecnica è già stata impiegata ma in fondo anche Goya o Rembradt o Picasso usavano tecniche tradizionali e tutte simili tra loro e nei secoli. Quindi ci deve essere un valore in più che si deve poter cogliere, un valore universale per quanto non originale nella tecnica e non sovrapponibile a quello già espresso da altri prima.
Prendiamo un figurativo che ho seguito con piacere: Lucian Freud: usa una tecnica originale? No di certo, molti pittori tedeschi e non solo usavano prima di lui tecniche simili per rappresentare la figura umana.
C'è un valore universale nei suoi quadri? Ostia se c'è, e come! Rappresenta quello che in parte, il maestro Antonioni ha cercato di cogliere in molti suoi personaggi, la solitudine, la soggettività estrema, il senso di isolamento e di materiale finitezza e temporalità, l'alto valore drammatico delle espressioni del volto è un valore assoluto, che colloca il pittore nella storia dell'arte di diritto.
Si può pensare che uno dei cento cavalli di Schifano o una delle prime opere dei punti, le scie ecetera di Biggi abbiano per i fruitori contemporanei uno stesso peso e considerazione artistica e universalità? A voi la risposta. Ma vale anche per Andy, si dirà. Attenzione, Andy ha fatto nel 1961-2 quello che certa gente fa oggi, sia pure con qualche variante. Voglio dire, ancora oggi si vede gente che acquista diritti sulle foto di Marilyn e poi ci lavora sopra con le solite TECNICHE STRANE, come le chiamo io e viene fuori con un centinaio di quadri che non dicono nulla, non parlano a tutti noi anche perché quella roba l'abbiamo già vista quasi mezzo secolo fa. (vedi il grande Omar, tralascio il cognome, specie se lo sostiene il critico che spadroneggia sui canali della rai, ex uomo del Craxi, e che di roba contemporanea o non ne capisce nulla o fa finta, perché dentro al giro).
Saluti, al