martedì 8 dicembre 2015

Una strana oligarchia finanziaria internazionale composta da due o tre gallerie di Parigi e New York, due o tre case d'asta, due o tre istituzioni pubbliche del patrimonio di un singolo Stato, che decidono la circolazione e cartolarizzazione (leggi attribuz. di valore economico), di opere d'arte e alla produzione quasi industriale di quei 4 o 5 artisti da vendere nel mondo in un certo momento.

Jean Clair è uno scrittore, storico dell'arte e curatore francese. È anche conservatore generale del Patrimonio
francese, saggista spesso polemico, membro dell'Accademia di Francia dal 2008. 
Una strana oligarchia finanziaria internazionale composta da due o tre gallerie di Parigi e New York, due o tre case d'asta, due o tre istituzioni pubbliche del patrimonio di un singolo Stato, che decidono la circolazione e cartolarizzazione (leggi attribuz. di valore economico), di opere d'arte e alla produzione quasi industriale di quei 4 o 5 artisti da vendere nel mondo in un certo momento.
All'epoca delle sue strali, Clair prendeva di mira il mostro artistico del momento, con i suoi porcellini rosa e le sue Ciccioline, Jeff Koons, una storia tra finanza e mondo dell'arte )(insignito da Chiraq
con la Legion d'Honneur nel 2001 (tonfa!).
Siamo stati in tanti a sperare che anche Hirst sarebbe caduto miseramente dalla vetta, dopo essere stato frettolosamente venduto da Saatchi qualche anno fa, ma, purtroppo dovremo conti nuare forse ancora per 10 anni a vedere e sentir parlare di barattoli pieni di pesci in formalina e altri pezzi di animali morti, una sorta di museo degli orrori, cui ormai ci si abitua entrando nei locali più cool di Londra, in cui non possono mancare le fiere macabre del nostro Damien. senza contare che Koons ormai è diventato un industriale, con tanto di una decina di collaboratori, valigette 24 ore e conti in banca da decine di milioni di dollari, come qualsiasi bravo industrialotto, tutto fatto da sé.

Questi due nomi, per dire, vedranno le loro azioni crollare in futuro? Forse si, ma probabilmente in un periodo in cui la performance da 4 soldi è la merce comune da accapararsi negli spazi pubblici e privati più scic, è da pensare che la situazione non cambierà molto.
In fin dei conti nessun consulente artistico (art investor consultant) di una grande banca o istituzione, potrà dire di non comprare a qualche centinaia di migliaia di dollari una delle produzioni di Koons o un barattolo di pesci o di pezzi di cervello di mucca, sotto formalina.
Per contro, se per un quadro di 2x2 m di Baselitz ci vogliono diverse centinaia di migliaia di euro, non è difficile prevedere che prima o poi, le sue azioni crolleranno. Vedrete. (come per la transav in generale,).
Ma il punto è comunque lo stesso: a decidere sui prezzi di alcuni nomi, non sarà il libero mercato ma un coacervo putrido di pochi galleristi e operatori finanziari. Se questi decidono che ad esempio Koons deve crollare, in poco tempo i suoi lavori crolleranno, perché questo trust non li farà più acquistare se non a prezzi dimezzati. Ovvio che lo faranno se e solo dopo essersi liberati del carico di tali nomi in portafoglio, mi spiego? Prima ve li vendono ai prezzi soliti, cioè stratosferici, poi potranno anche crollare e dimezzarsi, tanto loro se ne sono già liberati (vedi caso Saatchi e altri...).