venerdì 8 aprile 2016

Jan Fabre, ovvero la sperimentazione geniale e sempre elegante.

A dispetto del nome francofono, lui si ritiene di origini fiaminghe, con una lunga tradizione di entomologo, con una eredità di tradizioni probabilmente del tutto inventate.

Ma a parte le bizzarre idee e le balle spaziiali che ci racconta, Fabre possiede una tecnica realmente incredibile, e al servizio di una fantasia e invenzione senza fine.
Un continuo andare e venire tra un passato remoto e ricerca contemporanea ma, sempre senza mai rinunciare al gusto, a bizzarre installazioni che sorprendono per la grandezza e raffinatezza, ripeto, senza mai finire nel viottolo del truce e orrido (non facciamo nomi, ma chi sa sa cosa voglio dire).
Inoltre Fabre non si svende al mercato, e lo attestano le sue esposizioni, installazioni e performance, fatte di recitazioni improbabili, declamazioni, mimare azioni e oggetti, e insomma, tutto un corredo di segni artistici che costituiscono un complemento unico. 
Risultati immagini per jan fabreLo ritroviamo ormai in musei di prima importanza, cosa che non capita a molti altri suoi coetanei, che invece affollano le vetrine illuminate di gallerie internazionali e fiere importanti, con aspetti lucrativi di notevole 
importanza.Ma finiranno nei musei?
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la prima ispirazione di Mount Olympus gli era venuta leggendo Le nozze di Cadmo e Armoniadi Roberto Calasso. "Sì è vero, come è vero che in fondo tutti i miei lavori sono basati sulla tragedia greca, il grande utero da cui siamo nati. Il testo dello spettacolo è una rielaborazione dai classici, riscritti e miscelati  in un flusso unico. Non ci sono i nomi dei personaggi perché li vedo come simboli, metafore, emblemi della natura umana: il sangue che scorre nella tragedia greca scorre ancora oggi, e forse in modi anche più violenti. Guarda cosa sta accadendo in Siria, guarda  la furia dell'Is".

Cosa resterà di tutto questo immenso lavoro? "Una domanda" risponde Fabre. "C'è una catarsi anche per noi? Una possibile purificazione? Intendo dire  da un punto di vista filosofico, sociale, poetico? Viviamo in un mondo di cellulari e computer che ci connettono anche con il nostro stesso corpo. Se ho fatto tutto questo è perché credo che partecipare assieme a un'azione creativa di ventiquattro ore sia la più  autentica tra le connessioni. Ma ci pensi? Uno spettatore che sceglie di prendersi 24 ore per sé, 24 ore liberate: non è una forma di catarsi questa? La consuetudine vuole che nei festival,
nei musei, nei teatri, le opere d'arte siano intrattenimento, divertimento, breve e momentaneo. Mi dicono "Jan fai qualcosa che diverta il pubblico, Jan, per favore, qualcosa che ci porti denaro". Ecco, qui forse non ci guadagneremo niente. Se non la catarsi, ovviamente".