martedì 27 settembre 2016

La mercificazione dell'artista contemporaneo da warhol in poi.

Decenni sono passati dalla Fantasia e immaginazione al potere di
Marcuse e company, ma alcuni temi restano validi ancora e più oggi.
Intanto, stiamo assistendo alla continua crescita e polarizzazione di alcuni grandi nomi di gallerie e mercanti in prevalenza basati in America e di chiare origini ebraiche: non ne faccio perché chiunque può fare una sua ricerca e rapida.
Inoltre, il mercato dell'arte, come lo chiamano, è sempre più oggetto di mire da parte di grosse organizzazioni finanziarie, in grado di investire molti milioni di dollari, per mettere in pista una
ragnatela di apparati, atti a mercificare il prodotto arte, quanto più rapidamente possibile e quanto più speculativo si può, al fine di cavalcare i nomi ed eventi da loro stesi creati, per poi saltare su altri cavalli, altrettanto rapidamente.
Per contro, coloro che cercano e riescono  a volte a sottrarsi al sistema del mercato dell'arte, spesso ricorrono a forme plateali, scadenti, degradate e di per sé ipermercificati quali Hirsch, Pistoletto, e company, che per le loro imprese si avvalgono di sponsor industriali, che finanziano le loro scorribande di basso livello artistico, ma di alto impatto sulla credulità del popolino.
Ad esempio, fare un water in oro massiccio, tempestato di diamanti, o teschi di simile portata.

Diverso è il percorso di alcuni artisti, che rifiutano a priori il sistema dell'arte (mercificazione), in favore di una loro presenza libera, fruibile da chiunque, senza possibilità di acquisizione: vedi per tutti Banksy.  Ma  non dobbiamo dimenticare anche  quei gruppi di artisti, che acquisiscono un loro spazio di lavoro e esposizione comune, dividendosi le spese e veicolando in forma più tradizionale e onesta la loro produzione artistica.

Ora, piaccia o meno,positivo o negativo, seguendo le parole di Yoko Ono, nel 1970, (intervista a Wienner di Rolling Stones), New York è controllata da galleristi ebrei wasp, un insieme di persone si  cui noi sputiamo addosso.
Il fenomeno è meno sensibile in Europa, ma resta il fatto che in ogni caso, almeno il 60% del mercato dell'arte è  condizionato da operatori di chiare origini ebraiche, che fanno gruppo tra loro, e possono decretare il successo commerciale di un artista o meno.
Siete sicuri che la gallerista vicino a voi, non sia di origini ebraiche? Fate un controllo, esistono almeno un 30 di probabilità che lo sia.
Ma perché mi devo interessare se la gallerista è o meno ebraica? La risposta te la devi trovare da solo, caro lettore, e ameno che non sei uno sprovveduto, capirai.

In ogni caso, oggi non occorre molto a  capire che la commercializzazione dell'arte si basa su meccanismi tipicamente finanziari  e speculativi, basati al 70% su nomi creati a tavolino, e sostenuti tenacemente per decenni, convincendo gli acquirenti che si tratta di scelte di primaria importanza.
E naturalmente lo sono, niente da dire, ma è anche vero che  raramente vedrete proporre alcuni nomi che si sono  sottratti alla speculazione (vedi Morandi, Burri, Afro, eccetera), e che sin trovano solo in collezioni private o in musei.
Quando vi mettono davanti con enfasi, uno dei 10mila  quadri di Schifano, vi dicono che finirete per acquistare un'opera da museo, che verranno a reclamarlo i musei a casa vostra, ignorando il caos che riguarda l'autografia e olografia del pittore, e della caratura del lavoro in questione, che dopo il 1970, ben poco ha fatto di importante.
Fatevi tentare da uno  Schifano  anche certo, se possibile, del 1988, che so, a 60mila euri, e vediamo cosa succede fra 30 anni.

Warhol, si diceva sopra, il nanetto della pop, il mercificatore per eccellenza dell'artista, oggi sostenuto da quattro collezionisti, che sostengono le quotazioni astronomiche partecipando a ogni asta internazionale, offrendo sempre al rialzo. Un gioco  che prima o poi avrà termine con una giusta svalutazione commerciale.
Ben differente è stata e continua in parte ad essere la concezione espressionista, astrattista lirica o poetica, e simile: questi artisti partivano dal criterio opposto di un arte come visione altra, non interna al sistema, e quindi non aggiustata su gusti e tendenze.
Si potrà dir tutto ma non che i primi artisti pop inglesi, i primi dell'arte povera in Francia, e gli astrattisti americani, (partiti ufficialmente con una associazione nel 1937), abbiano mai cercato di diventare dei miti e personaggi di culto in vita, come invece hanno poi fatto i loro suuccessori della pop,americani e non, fino ai Pistoletto e Koons, Hirsh, e seguaci.
Alla proxima.