martedì 24 ottobre 2017

Eric de Chassey L'astrazione con o senza ragioni, oltre il concetto di Worringer.

Eric de Chassey - "L'abstraction avec ou sans raisons" par Erik Levesque. Questo articolo viene da un piccolo ma grande blog su blogspot, che rappresenta l'originale  Salon des Réalités Nouvelles, come sapete, la prima organizzazione europea interamente dedicata all'arte astratta e informale, formata a Parigi nel 1946,

subito a fine conflitto mondiale e che continua a tenersi da allora ogni anno a Parigi, come sempre.

Dico subito che al momento della sua costituzione, il salone rappresentava il primato della Cité Lumière nelle arti, compreso il cinema d'autore, quello fatto dai cineasti, termine che indicava una figura in grado di scriversi i copioni, fare la regia e fare anche da attore (vedi il grande, immenso J. Tati). 

Primato che Parigi e l'Europa stava perdendo a favore di New York, anche e soprattutto per colpa della guerra, che aveva fatto fuggire a NY gli artisti più innovativi e i talenti più straordinari della generazione nata dopo Picasso per capirci, che erano finiti nelle scuole d'arte americane e avevano portato un poco di surrealismo dada, e di astrattismo, roba che gli americani non conoscevano, nonostante l'American Abstract Artists si fosse formata a NY nel 1936, finanziata dal The Federal Art Project (1935–43) che poi sapremo essere in seguito, finanziata e sponsorizzata anche dalla Cia.

Frances Stonor Saunders in The Cultural Cold War (la guerra fredda della cultura) 1995 basato sulle rivelazioni dei vecchi dirigenti della Cia.
Per dirla tutta, in Europa, sempre ovviamente a Parigi, già nel 1931 Herbin e Vantongerloo avevano fondato il Gruppo Abstraction-Creation, che purtroppo con l'affermazione del nazismo e l'occupazione, determinò una sua sospensione. Pensate che Hartung smise di lavorare per arruolarsi nella legione contro l'occupazione, per poi essere decorato al valore da De Gaulle.
E' vero che per tutti, arte mondiale e internazionale significa New York e qualche posto pieno di nababbi sparso per il mondo, ma in base a quanto vedo, per me, per il mio modo di giudicare, il valore artistico più profondo e pregnante dell'arte di oggi, resta decisamente in Europa, in particolare, se penso agli artisti che mi colpiscono profondamente, non faccio fatica a collocarli in Francia, Germania, Great Britain, Italia e Spagna nell'ordine, tenedo conto che anche Paesi Bassi e  Ungheria mi dicono qualcosa. Se pensiamo che nel crogiolo americano ci sono quasi 400 milioni di residenti, è chiaro che ci sono inevitabilmente artisti molto interessanti ma certamente, almeno in proporzione alla popolazione, molto meno degli Europei. Per non parlare degli asiatici e medio orientali, che nonostante siano miliardi, non producono che poca arte originale, se non scimmiottata da modelli europei. 
E' triste vedere un ultra premiato  Ai Weiwei mio coetaneo, che in tutto e per tutto scimmiotta certo concettualismo di tipo tipicamente occidentale, scollegandosi dalla sua millenaria arte simbolica e astratta del suo paese.
Veniamo al saggio qui sotto, e dico che si parla solo di astrattismo, informale, non oggettivo, che fu definito in un articolo del 1907, tradotto molto più tardi nei vari paesi dal grande storico e critico Worringer (non c'è studente che non lo conosca).
In questo saggio, l'autore cerca di oltrepassare il confine e definizione di Worringer, proprio portando di fatto l'astrazione come un discorso tipico dell'uomo e del fare artistico, al di là di qualsiasi contenuto prefissato. 
In un certo senso, il concetto di Worringer viene esteso, ampliato nelle forme e fare artistico ma non cancellato.
Lo ricordo, Worringer definiva l'astrazione come portata originale alla base del fare arte, appunto secondo due forme primitive e ineludibili: 
oggettuale, partire dalla realtà esterna,
astratta, partire dall'espressione di stati interni al creatore artistico, non collegabili direttamente con la realtà oggettiva.
Sono due modi di porsi ed esprimere arte in modo ineludibile, propri del nostro cervello e dei sensi, che ritroviamo entrambi nell'arte primitiva e rupestre di millenni fa. Infatti ci sono animali, scene di caccia eccetera ma anche raffigurazioni astratte, quali figure simboliche, non ricollegabili ad alcuna forma della realtà esterna.
Per questo ho sempre detto che in fondo, anche nell'iperrealismo, è sempre, ripeto sempre presente in ogni pittura (e non solo), un certo grado o livello di astrazione; la differenza è solo nel grado, nella dose ma non ci sono dubbi che la realtà è solo approssimata, sempre, anche quando sublimata e surclassata, è solo in apparenza. Nessuno riproduce una sola molecola di banalissima acqua!
Ma a parte questo, è giusto considerare la pittura e l'arte astratta non come un filone storico, destinato ad essere sepolto e poi riscoperto come molti tendono  a far capire ma invece l'arte astratta è una realtà della nostra mente, pertanto esiste e continuerà ad esistere per molte centinaia di anni, attualizzandosi nei nuovi medium e media. 
In fine dei conti l'astrazione in senso psichico è una forma di pensiero che tende a sintetizzare e analizzare al contempo gli elementi della nostra coscienza: analisi e sintesi, scomposizione e ricomposizione. 
Questo processo accade anche quando qualcuno si pone davanti agli occhi una foto e la riproduce con la matita e il pennello. Ci sono persone che sono in grado di riprodurre con grande meticolosità piccole foto, facendone un clone di grandi dimensioni, mentre altre persone sono dotate della caratteristica di trarre dagli elementi della realtà visiva, linee e punti, operando una analisi e successiva sintesi.
Di nuovo, la pittura è in ultima sintesi un insieme di punti che formano linee, ossia pezzi di rette, di curve, angoli, che si realizzano con segni continui, oppure con graffi, zaffate, spiaccicature di materiale contenente pigmenti e via discorrendo. 
Ovvio che se non si usano pigmenti ma si applica su una tela o foglio di carta, dei fili, dei pezzi di carta o di stoffa e via dicendo, cambia il modo e il materiale ma il concetto è lo stesso: si ottiene una composizione comunque con oggetti e materiali che rappresentano punti e linee.
Quindi se dovessi spiegare a dei novizi cos'è la pittura, la spiegherei come un modo di realizzare punti o linee.
Tutto qui? Si, in essenza è tutto qui, con l'ovvia conseguenza che per realizzare tali punti e linee si possono impiegare varietà di materiali e di modalità tecniche e pratiche. Il resto lo fa il nostro cervello: lasciamolo agire, sarà lui  a guidarci nel dirci dove schiaffare quel tale colore o quel tale materiale.
Chiaro che in questa modalità non si comprende la concettuale e tutte le diavolerie che sono sorte in questi ultimi 40 anni, perché parto dal presupposto sopra detto, di definire cosa è e come si realizza una pittura, un banale passatissimo quadro, dipinto.
Mettere una cornice sghemba o sfasciata su un muro, se è fatto con un gesto immediato e non premeditato è un atto che rientra nel concetto sopra detto, non nel senso che si fa un dipinto, punti e linee, ma nel senso che si lascia il cervello agire liberamente, secondo un impulso autonomo.
Se mi metto a pensare a tavolino come sfasciare una cornice e come e quando, dove appenderla, allora l'atto non è più dotato di forza creatrice ma frutto di un pensiero concettuale, quello per capirci che usano gli scrittori o i saggisti.Insomma, allora io posso scrivere un copione, lo faccio leggere a una persona che poi mette in scena per me, il pensiero, che risulta ad esempio nello sfasciare in un certo modo una cornice e appenderla in un certo modo a un muro o lasciarla in mezzo ad una enorme stanza vuota. Chiaro che poi tutto questo stanca, diventa banale e già visto e rivisto.
Esporre un mongoloide o un deforme seduto su una sedia vicino ad un muro con il cartellino tipico dell'opera, è una roba fritta e rifritta, insomma pura banalità che se la fai una volta e per primo, tanto tanto, ma se la fai dopo decenni, siamo proprio messi male, specie se poi grandi critici e dotti professori scrivono e declamano la gloria di tale ennesima ripetizione....
Guardate amiche, nei miei anni passati a fare e vedere arte, realmente di cose nuove e sottolineo nuove, cioè non banali e mai viste prima, ne conto una decina dalla fine degli anni settanta ad oggi.
Tutto il resto è noia o ripetizione con piccole modifiche, sempre con grandi elogi dei soliti critici.

Nel testo di De Chassey, si spiega bene come si è giunti all'erronea convinzione che l'astrattismo sia una mera contingenza della pittura, come il surrealismo, il dada, ecc, mentre è una corrente, una parte componente ineludibile e ineliminabile, come lo è il paesaggio, la natura morta, la figurazione. Nessuno pensa che un giorno non si faranno più dipinti di mele e pere, mentre da decenni, sentiamo dire che l'astrazione è morta e sepolta, o almeno che l'età d'oro dell'astrazione è finita alla metà dei sessanta, spazzata via dalla pop e dalla minimal e post minimal.
Poi, si parla di astrazione e di epoca d'oro dell'astrattismo con riferimento alla pittura americana, ignorando che da noi l'astrattismo era iniziato almeno a fine ottocento, basti pensare agli enigmatici dipinti di Hilma Af Klint, grandi tele invendute (e forse fatte non per essere vendute), con tipiche raffigurazioni astratte; oppure Alma Thomas, con le sue strisce di carta.
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Il testo "Astrazione con o senza ragioni" Eric de Chassey, storico dell'arte e direttore del INHA, autore del precedente "vernice efficace.Una storia di astrazione negli Stati Uniti (1910-1960) "(2001) ci invita oggi a scoprire come l'astrazione è diventato nel corso della seconda metà del XX secolo, una stessa corrente di dipingere nello stesso modo che la pittura di storia, paesaggio e natura morta, e il modo in cui lo stato di avanguardia alla corrente generale nei confronti della pittura figurativa. 




Secondo Eric De Chassey, le arti visive del Novecento sono firmate dall'invenzione dell'astrazione, definita come una rottura con tutte le opere d'arte più antiche del mondo occidentale: l'astrazione è "una liberazione, un trionfo della libertà artistica come possibilità, una sospensione di riferimenti esterni ". 


Nel fare Chassey cambia la definizione di astrazione come è stato affermato da Worringer nel 1908 in astrusa und Einfühlung (ripubblicato in Germania nel 1948 e nel 1959, tradotto in inglese nel 1953, e nel 1980 solo in francese!) Dove la parola non significa un trend di arte, ma piuttosto un atteggiamento dell'artista, che è quello di mantenere la natura a bada, controllando da segni invece di lasciare che investire e di controllo da essa. 
Woringer storico dell'arte ha visto l'astrazione, come un impulso artistico nativo estraneo alla imitazione della natura e riconoscere la volontà come in foglia d'acanto greca nella pittura aborigena. Da Chassey lo prende, la parola "astrazione" nel senso filosofico francese di una rappresentazione della realtà, 





L'astrazione ben definita comporta dialetticamente via con la distanza dell'immagine e immediatezza con quella esterna, che non significa una separazione, ma implica un rifiuto minimo di mimesis come modo immagini di produzione e si basa sulla identità di fare e di essere. Essa rientra pertanto mimesi con la profondità di campo e prospettiva (che concepisce la pittura come una finestra) che permette di prendere come referente centrale iconico di French astratto estetica Nicolas de Staël, il cui Il lavoro è costituito da paesaggi, morti morti o nudità allusive. 





Il libro di De Chassey è articolato in sette articoli indipendenti in due parti. Gli articoli che aveva scritto e pubblicato tra il 1997 e il 2014, in un'epoca in cui non erano ancora stati messi a disposizione gli archivi di nuove realtà (1960, 1970, 1980) ai ricercatori IMEC. Parte I - Motivazioni e principi, con 1- griglia tra architettura e pittura, dove si analizza il ruolo della cubista griglia di strutturazione pittura astratta nel 1950 e 2 - Grazie alla forza di gravità: un'astrazione spiritualizzante in cui ha sottolineato l'importanza la meta spirituale, anche religiosa, attribuito all'astrazione attraverso l'esempio di Malevich e Kandinsky. 





Nella seconda parte, intitolata Astrazioni americani ed europei 1944-1974, affronta 3 - Dopo la tabula rasa, dove si discute il ruolo richiesto nell'arte dopo la seconda guerra mondiale tra le testimonianze, balbettando e automazione 4 - I soggetti di l'astrazione: l'espressionismo astratto in Francia, dove egli descrive i pittori e le opere di artisti francesi 5 - l'impossibile lutto espressionismo astratto o Come essere americano dopo Pollock, dove ha presentato la situazione negli Stati Uniti con il palo pittorica astratta e Clement Greenberg nel 1960 6 - Non ci sono due: artisti americani a Parigi dopo la seconda guerra mondiale, dal 1946 al 1960, quando i giovani artisti americani potranno beneficiare di borse di studio. 
7 - L'espressionismo astratto in inglese, sembra dimostrare il relativo fallimento della scuola di St Ives.8 - Astrazione come un'utopia rustico: supporti / Surfaces e modello rurale che dimostra Chassey - inaspettatamente - come Viallat del calibro di lavoratori agricoli sono la seconda scuola di Parigi. Attraverso questa serie di articoli, De Chassey intende giocare due lunghezze focali (cioè con due prospettive centrali) una breve lunghezza focale, puliti e precisi, con una grande profondità di campo che descrive la scena nazionale (soprattutto francesi) e lunga rete focale (ma circondata dalla sfocatura) senza profondità di campo, transnazionale legata allo stile, in particolare all'estetica astratta che considera lo stile universale internazionale del dopoguerra e degli anni '50. Supporti / Superfici e il modello rurale in cui de Chassey dimostra - inaspettatamente - come gli emulatori di Viallat sono lavoratori agricoli della seconda scuola di Parigi. Attraverso questa serie di articoli, De Chassey intende giocare due lunghezze focali (cioè con due prospettive centrali) una breve lunghezza focale, puliti e precisi, con una grande profondità di campo che descrive la scena nazionale (soprattutto francesi) e lunga rete focale (ma circondata dalla sfocatura) senza profondità di campo, transnazionale legata allo stile, in particolare all'estetica astratta che considera lo stile universale internazionale del dopoguerra e degli anni '50. 
Supporti / Superfici e il modello rurale in cui de Chassey dimostra - inaspettatamente - come gli emulatori di Viallat sono lavoratori agricoli della seconda scuola di Parigi. Attraverso questa serie di articoli, De Chassey intende riprodurre due lunghezze focali (quindi con due prospettive centrali) un breve focale, affilato e preciso, con un'ampia profondità di campo che descrive il panorama nazionale (soprattutto francese) e un lunga rete focale (ma circondata dalla sfocatura) senza profondità di campo, transnazionale legata allo stile, in particolare all'estetica astratta che considera lo stile universale internazionale del dopoguerra e degli anni '50. 





Si trova quindi in primo luogo, in linea con la proposta di Bernard Dorival e il 1946 mostra del Whitney Museum di New York "La pittura in Francia 1939-1946" che ha tentato di dimostrare l'esistenza di un espressionismo francese combinazione di cubismo, fauvismo e il surrealismo di, e che Clement Greenberg, allievo di Hans Hofmann (membro della RN), ha rifiutato nei locali in un famoso critico, d'altra parte un prolungamento del 1950 articolo "Charles Estienne: l'astrazione c'è un accademismo "che si è conclusa, come sappiamo, nel primo periodo del Salone di nuove realtà, finanziato da Peggy Guggenheim e di una sovvenzione da parte del Piano Marshall? 





Il dialetto della doppia focale consente all'autore di presentare in modo dinamico il panorama dell'astrazione, offrire una cartografia con le sue evoluzioni e gli alberi dei movimenti successivi; dalla scena artistica di astrazione lirica, attraverso l'effimero impressionismo astratto Lawrence Alloway e / o l'espressionismo astratto che vuole presentare qui a Parigi, poi a New York. L'analisi degli stili di opere francesi, ha offerto De Chassey, è preciso, dalla rete cubista, quelli di Manessier Bazaine Bissière è particolarmente ben visto, così come il primitivismo di Atlan, testimonianza a Debre e Fautrier, il costruzione a De Stael, il gesto con Hartung e Soulages in non-gesture ,, paesaggio in Viera da Silva, Zack, e Zao Wou-Ki, ed un estetica rovine, intorno a Marfaing, Degottex o Hantai, il ruralism di supporto-superfice. De Chassey dimostra la grande diversità di una seconda scuola a Parigi, di pittori provenienti da Germania, Argentina, Brasile, Spagna, Italia, Svezia ... ecc.





Troviamo poi descritto la scena parigina in un vasto panorama, notevolmente con i suoi problemi e artisti, affermiamo, esponendo quasi tutto il Salone di nuove realtà 1950-2000, vero e proprio custode del tempio di astrazione. Il libro De Chassey dà poi di far rivivere i vivaci dibattiti e giuria violenta del salone di nuove realtà del 50 e 60 (senza accesso agli archivi del RN!), E anche se nessuno Auguste Herbin o Sonia Delaunay sono mai citato





Come tutti sappiamo, la giuria ha rifiutato molti artisti e molti di loro sono stati ricalcolati ... tra il famoso di Ellsworth Kelly, un lavoro di Loebdell che, naturalmente, è stato chiamato "pigsty ... o merda" ... Yves Klein (i cui due genitori erano in comitato) è stato negato anche C'est la Vie! La vita dell'artista! Grida omerica e ridicolo di parole eccessive! Le fiere sono anche luoghi di conflitto! Ma le opere degli artisti accettati o rifiutati sono stati osservati e discussi, come si può vedere e leggere nelle buone memorie che Carmen Herrera mantiene RNs. opere forse giudicate violentemente forse, ingiustamente come scioccamente, senza dubbio. Ma gli artisti francesi non sono necessariamente intellettuali. 





E da questo punto di vista, la scuola di New York era molto più filosofica e riflessiva; inoltre, Greenberg non è stato addirittura caricato da un monaco bizantino "Green Mountain" di Tom Wolfe! E in un capitolo molto gradevole, De Chassey mostra i numerosi scambi ei collegamenti che univano nel 1950 giovani artisti studenti americani e francesi a Parigi soprattutto intorno Matisse e Georges Duthuit serate parigine! Ma non c'erano conferenze a pittori a Parigi, così come i pittori di New York al Club che lavoravano duramente sulla teoria dell'arte! 





Forse cercando troppo difficile da riassumere i pittori di astrazione lirica in un espressionismo astratto parigina, mentre quella di New York, li sottopone a quelli, mentre De Chassey denuncia giustamente la sindrome di "rivalità mimetica" una scuola a Parigi, si è concentrata per non essere ossessionata da una nuova scuola a New York, orgogliosa e avendo presunto "rubare l'idea dell'arte moderna" seguendo la famosa parola di Serge Guilbaut. Mentre la distinzione comunemente accettata tra gli storici dell'arte tra Jean-Paul Riopelle, un canadese che vive a Parigi sotto la Scuola di Parigi e Joan Mitchell, americano che vive a Parigi, sotto la Scuola di New York, mentre erano marito e moglie, lavorando nello stesso studio di Parigi, è davvero un puro gioco di spirito per il meno strano. Come De Chassey dimostra pittori americani non vivevano in isolamento a Parigi fuori terra e l'aggiungeremo che molti artisti di nuove realtà era anche un membro dell'Associazione Artisti AAA astratto americano a New York. Gli artisti francesi li hanno stimati o odiati, persino considerati come invasori (la famosa "Non è per noi"). Ma il problema della lingua era essenziale come il caso della scuola inglese di San Ives (che tutti esposti anche al RN), i cui membri attraverso il pittore inglese Patrick Heron, francese, potevano leggere i critici americani e francesi , anche i testi tedeschi sull'astrazione, che i pittori francesi non potevano fare! persino considerati come invasori (il famoso "Non è per noi"). Ma il problema della lingua era essenziale come il caso della scuola inglese di San Ives (che tutti esposti anche al RN), i cui membri attraverso il pittore inglese Patrick Heron, francese, potevano leggere i critici americani e francesi , anche i testi tedeschi sull'astrazione, che i pittori francesi non potevano fare! persino considerati come invasori (il famoso "Non è per noi"). Ma il problema della lingua era essenziale come il caso della scuola inglese di San Ives (che tutti esposti anche al RN), i cui membri attraverso il pittore inglese Patrick Heron, francese, potevano leggere i critici americani e francesi , anche i testi tedeschi sull'astrazione, che i pittori francesi non potevano fare! 





Dagli anni '60, la pubblicazione d'arte si trasferì dalla Svizzera francese in lingua inglese a New York. Il mercato era negli USA (proprio come oggi, poiché le regole fiscali non sono mai state le stesse), e molti artisti francesi hanno lavorato principalmente per i danni da guerra, in particolare gli artisti cattolici vetrate. Ma per esempio Shirley Jaffe esibito alle News di Realtà per 25 anni e tutti gli artisti americani citati da De Chassey sono stati invitati in scuola nazionale o individualmente ...! Ci dispiace di non seguire ulteriormente il caso del pittore Jules Olitski (1922-2007) che sapeva passare dalla scuola di Parigi alla scuola di New York, ardentemente difesa da Greenberg, il critico che amava paragonare il dipinto di Georges Mathieu a quello di Jackson Pollock o Pierre Soulages quella di Franz Kline alta cucina snob nei confronti di un semplice steak frites! E Greenberg ha difeso principio steak frites, e "mammelle che è tutto!" Eppure, negli anni 50 e 60, il panorama francese - nella sua singolarità idiosincratica - è profondamente divisa tra cattolici e comunisti (vedi l'esperienza della RN Motherwell e commento) di decolonizzazione (i pittori astratti francesi e algerini riuniti intorno Marcel Camus) dall'esistenzialismo ... il concetto di "evento", introdotto da Motherwell, la nozione di "azione" di Rosenberg, la "all-over" Greenberg, ecc ... introdurre quindi le differenze di concetti fondamentali tra i diversi attori dello stesso tempo. 





"Astrazione con o senza ragione" è un libro ricco, allegro, dinamico, che le domande le questioni storiche in un'arte astratta scena parisiennne 1950 e il 1960, che ha trovato la sua continuazione nelle opere contemporanee di Callum Innes, Piffaretti Viallat o Schnabel ... e tanti altri dentro e fuori del salone di nuove realtà.

L’essai “ L’abstraction avec ou sans raisons” de Eric de Chassey, historien de l’art et directeur de l’INHA, auteur du précédent “La Peinture efficace. Une histoire de l'abstraction aux États-Unis (1910-1960)” (2001) nous convie aujourd’hui à découvrir, comment l’abstraction est devenue durant la seconde moitié du XXe siècle un courant en soi de la peinture au même titre que la peinture d’histoire, le paysage ou la nature morte, passant ainsi du statut d’avant-garde à celui de courant général en vis-à-vis de la peinture figurative. 


Selon Eric De Chassey, le XXe siècle des arts visuels est signé par l’invention de l’abstraction, définie comme en rupture avec l’ensemble des œuvres d’art antérieure du monde occidental : l’abstraction est “une libération, le triomphe de la liberté artistique comme possibilité, un suspens des références extérieures.” 

Ce faisant de Chassey change la définition de l’abstraction telle qu’elle avait été énoncée par Worringer en 1908 dans Abstraktion und Einfühlung (réédité en Allemagne en 1948 et 1959, traduit en anglais en 1953, et seulement en 1980 en français ! ) où le mot ne désigne pas une tendance de l'art mais plutôt une attitude de l'artiste, celle qui consiste à tenir la nature à distance, en la maîtrisant par des signes, au lieu de se laisser investir et maîtriser par elle. Historien de l’art Woringer voyait l’abstraction, comme une impulsion artistique originaire sans rapport avec l’imitation de la nature et reconnaissant cette volonté autant dans la feuille d’acanthe grecque que dans la peinture aborigène. De Chassey prend lui, le mot “abstraction” au sens philosophique français d’une représentation de la réalité, à la limite sans correspondance avec celle-ci. 



L’abstraction ainsi définie implique de manière dialectique une distance avec l’image et une immédiateté, distance avec la réalité extérieure, qui ne signifie pas une séparation mais implique un rejet à minima de la mimesis comme mode de production des images et repose sur l’identité du faire et de l’être. Elle se situe donc à l’intérieur d’une mimésis avec profondeur de champs et perspective (qui conçoit la peinture comme une fenêtre) ce qui lui permet de prendre comme référent-iconique central d’une esthétique abstraite française Nicolas de Staël, dont l’œuvre est constitué de paysage, de natures mortes ou de nus allusifs. 



Le livre de De Chassey est organisé en sept articles indépendants réunis en deux parties. Articles qu’il avait écrit et publié entre 1997 et 2014, en un temps où les archives des Réalités Nouvelles (les années 1960, 1970, 1980) n’avaient pas été encore mises à disposition des chercheurs à l'IMEC. Partie I - Motifs et principes, avec 1- La grille entre architecture et peinture, où il analyse le rôle de la grille cubiste structurant la peinture abstraite des années 1950 et 2 - Grâce de la pesanteur : une abstraction spiritualisante où il souligne l’importance du but spirituel, voire religieux, attribué à l’abstraction à travers l’exemple de Malevitch et Kandinsky. 



Dans la seconde partie intitulée Abstractions américaines et européennes 1944-1974, il aborde 3 - Après la table rase, où il revient sur le rôle demandé à l’art après la seconde guerre mondiale entre témoignage, balbutiement et automatisme 4 - Les sujets de l’abstraction : l’expressionnisme abstrait en France, où il décrit les peintres et les œuvres des artistes français 5 - L’impossible deuil de l’expressionnisme abstrait ou Comment être américain après Pollock, où il présente la situation aux USA avec la post-abstract painterly et Clement Greenberg dans les années 1960. 6 - Pas de deux : les artistes américains à Paris, après la seconde guerre mondiale, 1946-1960, moment où les jeunes artistes américains y profitent de bourses d’étude. 7 - L’expressionnisme abstrait à l’anglaise , semble vouloir démontrer l’échec relatif de l’école de St Ives. 8 - L’abstraction comme utopie rustique : Supports/Surfaces et le modèle rural où de Chassey démontre - de manière inattendue - comment les émules de Viallat sont des ouvriers agricoles de la seconde école de Paris. A travers cette suite d’articles, De Chassey entend faire jouer deux focales (donc avec deux perspectives centrales) une focale courte, nette et précise, avec une grande profondeur de champ qui décrit le panorama national (le plus souvent français), et une focale longue nette (mais cernée de flou) sans profondeur de champ, transnationale lié au style, en particulier l’expressionnisme abstrait qu’il considère comme le style universel international de l’après guerre et des années 50. 



Il se situe ainsi d’une part dans le prolongement de la proposition de Bernard Dorival et de l’exposition de 1946 du Whitney Museum de New York « Peintures en France 1939-1946 » qui tentait de démontrer l’existence d’un expressionnisme français combinaison de cubisme, de fauvisme et de surréalisme, et dont Clement Greenberg, élève de Hans Hofmann (membre des RN), en refusait les prémices dans une célèbre critique, d’autre part dans le prolongement de l’article de 1950 de “Charles Estienne : l’abstraction est-il un académisme ?” qui mit fin, comme nous le savons, à la première période du Salon des Réalités Nouvelles, financé par Peggy Guggenheim et une subvention du plan Marshall ! 



La dialecte de la double focale permet à l’auteur de présenter de manière dynamique le panorama de l’abstraction, d’en offrir une cartographie avec ses évolutions et ses arborescences de mouvements successifs ; depuis la scène artistique de l’abstraction lyrique, en passant par l’éphémère impressionnisme abstrait de Lawrence Alloway et/ou l’expressionnisme abstrait qu’il veut présenter ici à Paris, là à New York. L’analyse des styles des œuvres françaises, que propose De Chassey, est précise, à partir de la grille cubiste, celles de Manessier Bazaine Bissière est particulièrement bien vue, tout autant que le primitivisme de Atlan, le témoignage chez Debré et Fautrier, la construction chez De Stael, le Geste chez Hartung et le Non-geste chez Soulages,, le paysagisme chez Viera da Silva, Zack, et Zao Wu Ki, ainsi qu’une esthétique des ruines, autour de Marfaing, Degottex ou Hantai, le ruralisme de Support-Surface. De Chassey démontre la grande diversité d’une seconde école de Paris, faite de peintres venus d’Allemagne, d’Argentine, Brésil, d’Espagne, d’Italie, de Suède… etc .



Nous retrouvons alors décrit cette scène parisienne en un vaste panorama, de manière remarquable avec ses enjeux et ses artistes qui, nous le précisons, exposaient quasiment tous au Salon des Réalités Nouvelles de 1950 à 2000, véritable gardien du temple de l’abstraction. Le livre de De Chassey donne alors, à revivre les débats animés et violents des jurys du salon des Réalités Nouvelles des années 50 et 60 (sans avoir eu accès aux archives des RN !), et bien que ni Auguste Herbin ni Sonia Delaunay ne soient jamais cité.



Nous le savons bien le jury a refusé de nombreux artistes et nombres d’œuvres ont été recalés… parmi les fameuses une d’ Ellsworth Kelly, une œuvre de Loebdell qui a, bien sûr, été traité de “Porcherie… ou de Merde”… Yves Klein (dont les deux parents étaient au comité) a aussi été refusé C’est la Vie ! La vie d’artiste ! Des engueulades homériques et le ridicule des mots excessifs ! Les salons sont des lieux aussi de conflits ! Mais les œuvres des artistes acceptés ou refusés, ont été regardées et discutées, comme on peut le voir et le lire dans les bons souvenirs que Carmen Herrera conserve des RN. œuvres jugées violemment peut-être, aussi injustement que maladroitement sans doute. Mais les artistes français ne sont pas forcément des intellectuels. 



Et de ce point de vue l’école de New York fut bien plus philosophique et réflexive ; d’ailleurs Greenberg n’a-t-il pas lui même été caricaturé en un moine byzantin “Montagne Verte” par Tom Wolfe ! Et dans un chapitre très réjouissant, De Chassey montre les nombreux échanges et les liens qui unirent dans les années 1950 les jeunes artistes étudiants américains et français à Paris en particulier autour de Matisse et des soirées parisiennes de Georges Duthuit ! Mais il n’y avait pas à Paris de conférences de peintres comme le faisaient les peintres new-yorkais au Club qui travaillaient durs la théorie de l’art ! 



Peut-être à trop vouloir résumer les peintres de l’abstraction lyrique à un expressionnisme abstrait parisien pendant de celui de New York, il soumet ceux-ci à ceux-là, alors que De Chassey dénonce justement le syndrôme de la “rivalité mimétique” d’une école de Paris, focalisé pour ne pas dire obnubilé par une école new yorkaise naissante, fière et ayant soi-disant “voler l’idée d’art moderne” suivant le fameux mot de Serge Guilbaut. Certes la distinction communément admise chez les historiens de l’art entre Jean-Paul Riopelle, canadien vivant à Paris relevant de l’Ecole de Paris et Joan Mitchell, américaine vivant à Paris relevant elle de l’Ecole de New York alors qu’ils étaient mari et femme, travaillant dans le même atelier parisien, est vraiment un pur jeu d’esprit pour le moins étrange. Comme De Chassey le démontre les peintres américains ne vivaient pas en vase clos à Paris hors-sol et nous ajouterons que nombres d’artistes des Réalités Nouvelles étaient aussi membre de l’association AAA : American Abstracts Artists de New York. Les artistes français les estimaient ou les détestaient, voire les considéraient comme des envahisseurs (le fameux “Ce n’est pas pour nous”). Mais le problème de la langue fut essentiel comme le démontre le cas de l’école anglaise de St Ives (qui exposait tous au RN également), dont les membres à travers le peintre anglais Patrick Heron, francophone, pouvaient lire les critiques américaines et françaises, voire les textes allemands sur l’abstraction, ce que les peintres français ne pouvaient pas faire ! 



A partir des années 1960, l’édition d’art se déplace de la Suisse francophone à l’anglophone New York. Le marché était aux USA, (tout comme aujourd’hui puisque les règles fiscales n’ont jamais été les mêmes), et de plus nombre d’artistes français travaillaient - essentiellement - pour les dommages de guerre, en particulier les artistes catholiques pour les vitraux d’églises. Mais par exemple Shirley Jaffe a exposé aux Réalités Nouvelles pendant 25 ans, et tous les artistes américains qui sont cités par De Chassey, y ont été invités soit en école nationale, soit individuellement... ! On regrette alors de ne pas suivre plus en avant le cas du peintre Jules Olitski (1922-2007) qui sut passer de l’école de Paris à l’école de New York, ardemment défendu par Greenberg, le critique qui aimait comparer la peinture de Georges Mathieu à celle de Jackson Pollock ou celle de Pierre Soulages à celle de Franz Kline a de la grande cuisine snob contre un simple steak frites ! Et Greenberg défendait par principe le steak frites, et “pis c’est tout ” ! Il reste que dans les années 50 et 60, le panorama français - dans sa singularité idiosyncratique - est profondément divisé entre catholiques et communistes, (voir l’expérience de Motherwell aux RN et son commentaire), par la décolonisation ( les peintres abstraits français et algériens réunis autour de Marcel Camus), par l’existentialisme ... La notion d’”événement”, introduite par Motherwell, la notion d’”Action”, par Rosenberg, le “all-over” de Greenberg, etc… introduisent ainsi des différences de concepts fondamentales entre les différents acteurs d’une même époque. 



“L’abstraction avec ou sans raisons” est un livre riche, réjouissant, dynamique, qui questionne les enjeux historiques d’une scène artistique abstraite parisiennne des années 1950 et 1960, qui trouve son prolongement dans les œuvres contemporaines de Callum Innes, Piffaretti, Viallat ou Schnabel… et de tant d’autres dans et hors du Salon des Réalités Nouvelles.

A lire donc, impérativement, pour tous les exposants, amis et membres des Réalités Nouvelles.


Samedi 14 Octobre 2017

Samedi 14 Octobre 2017Signature au Salon des Réalités Nouvelles.
Parc Floral de Vincennes.