Forse è tra tutti i suoi coltivati, quello che più lo somiglia, con cui più ha veramente legato. Del resto, tutti gli altri si sono allontanati da lui, in un modo o nell'altro, forse anche per il semplice passare velocissimo, del tempo.
Ma almeno un paio di loro erano dei buoni pittori, insomma, gente che sa dargli di pennello e di colore, come ho visto recentemente in dieci quadri, con colori da polveri macinate del più e forse unico di loro veramente valido.
Di tutti gli altri, restano delle vestigia, come enormi scheletri di dinosauri, donate o acquisite, come si dice oggi, da alcuni museucci di periferia.
Ma di quello di cui sopra, Enzo Cucchi, confesso che non avevo proprio capito niente, mi trovavo a ripetermi nel periodo, pur breve, dei suoi fasti, durante la milanodabere.
Eppure, potrei sentirmi rinfrancato, oggi che il tempo mi ha dato ragione ma non è così. No, perché non c'è un vincitore e un perdente, semplicemente la questione non si sarebbe mai dovuta nemmeno porre. Sgarbi aveva ragione, io avevo ragione e però, qualcuno ha investito e molto su questi nomi, che poi il falco, Saatchi, ha liquidato con impeto rabbioso e arrogante.
Ma la questione, il diverbio, non si sarebbe dovuta nemmeno porre, perché la contesa era inesistente e se c'è stata è stato solo per una manovra di tipo cultural-markettaro, con la regia del solito critico, ala protettrice, o se volete, critico militante (noterete che si tratta di un ossimoro).
A me quella pseudo corrente, perché una vera e propria corrente non è mai apparsa tale, non è mai piaciuta, nemmeno i suoi alter ego teutonici, per quanto, in quella terra, certa figurazione espressionista dura e nuda, è sempre stata prerogativa e segno distintivo e lo è ancora oggi.
Eppure, nelle aste dei teleimbonitori, raramente appaiono lavori di questi artisti, ormai trapassati. Ma non facciamocene un cruccio, forse è per non far perdere soldi ai teleimboniti, che tanti ne hanno già persi in precedenza.