Non solo far partire e decollare una delle tante fiere e mercati, esposizioni annuali o biennali eccetera, ma si può arrivare a concepire un progetto che tende nel modo tipico di un certo pensiero totalizzante, proprio di un mondo della sinistra, alla creazione di un villaggio globale dell'arte contemporanea, con resort per artisti, spazi espositivi, interconnessioni con l'università,
specie ingegneria, collegamenti con fiere e eventi agro-turistici eccetera, chi più ne ha più ne metta.
Insomma, creare un network o se volete un web sul territorio, in grado di richiamare giovani artisti, operatori del mondo della cultura e il popolino, festante e pagante, da riempire di suoni, luci, bevande e cibo.(basteranno i biglietti e i consumi per coprire i costi?).
Il metodo è quello tipico di certa cultura sempre di sinistra, ma non solo, e ve lo dice uno che vive in Toscana, e sa cosa combinano gli amici ex pci eccetera, di creare una fondazione, con al tavolo il sistema delle casse di risparmio locali, delle cooperative e dei vari enti e istituzioni pubblici amministrati.
Una tipica organizzazione, destinata a provocare un bel deficit e a far vivere bene i vari consiglieri di amministrazione e consulenti, almeno secondo quanto vedo qui dalle mie parti, oppure a non rimanere che uno dei tanti progetti realizzati a metà, che poi decollano restando a mezz'aria. Comunque: tempo al tempo, il tempo ci dirà come vanno le cose, anche se da alcune parti si dirà il classico: comunque vada sarà un successo....
Il problema di oggi è che l'arte viene sempre più spesso mischiata con design, moda, eventi culturali del tutto improbabili, comunque tutti caratterizzati dalla ricerca dello strano, dello scandalo, della sorpresa, del fantastico e del disgustoso, che da comunque brividi. Si confonde l'arte e la sua visione e interpretazione con l'epidermica e più popolana e a buon mercato esperienza dell'installazione, della performance e insomma del colpire un pubblico sempre più vasto (nelle speranze) e sempre più incolto e impreparato, cercando di suscitare provocazione, disgusto, senso di alterazione sensoriale, tutta roba che ha a che fare solo di striscio con la vera arte.
Ci sono in proposito da molti anni, una corrente di artisti che se pur seri e anche geniali, compongono giochetti ottici, con uso di specchi, lamiere, strisce di colore, colate di medium e chi ne ha più ne metta. In pratica portano sul piano del 3D quello che si fa con il computer e la chiamano Op art.
Ma secondo molti, questo tipo di esperienza artistica, è una esperienza sensoriale ma che non ha nulla a che vedere con la vera forma artistica che si centra sui temi della vita e morte dell'umano, e dei suoi aspetti conflittuali o meno del contesto sociale.
Allo stesso modo, molte forme di installazioni e performance non sono arte, ma una forma di rappresentazione estemporanea, non destinata ad essere acquisita in modo permanente, allo scopo di creare una rappresentazione che conduce ad una esperienza sensoriale e intellettuale del fruitore. Qui si parla di fruitore in senso proprio, mentre l'arte si può pure consumare ma anche acquisire, esporre e conservare propriamente.
In questo senso ad esempio, Hirst è un artista che non mira a creare performance o esperienze di contesto ma si avvale di un oggetto artistico, su cui l'osservatore proietta sensazioni, emozioni e pensieri; lo si può acquisire e conservare, e in tutto e per tutto non c'è una vera differenza tra una qualsiasi scultura e lo squalo da 13 milioni di dollari, al tempo, nella grande teca di formaldeide.
Anche i grafitari e writers non creano intenzionalmente una performance né installazioni, semplicemente utilizzano muri e supporti urbani dove appiccicare i loro cartoni su cui realizzano i lavori con stencil preparati in studio.
Di fatto i cartoni sono perfettamente rispondenti ai criteri di comune oggetti d'arte: sono trasportabili, collezionabili, conservabili e la loro fruizione è solo apparentemente una installazione ma si tratta anche di una esposizione in luoghi e contesti aperti e di pubblico passaggio.
Non è differente da entrare in un grande museo e attaccare alle pareti dei cartoni preparati e realizzati con stencil e spray.
Senza contare che oggi lo sappiamo benissimo, questo modo di utilizzare forme artistiche in contesti mischi e ambigui, design, architettura, moda, pubblicità, finisce per creare dei piccoli genietti che al 70% finiscono per non sentirsi più dopo qualche mese o un paio di anni.
Perché alcune grandi tele di Peter Doig valgono milioni di sterline in aste, mentre tutta la spazzatura delle performance e installazioni di queste kermesse settimanali dell'arte come spettacolo non producono praticamente nulla di valido, almeno in senso economico e finanziario? Perché i veri artisti sono sempre un numero chiuso (numero clausus) in tutto il mondo, tutti gli altri sono piccoli genietti che cercano di affermarsi in tutti i modi o più semplicemente scaltri arrivisti che credono di accorciarsi e semplificarsi la vita partecipando a kermesse organizzate dal sistema politico locale, finanziario e amministrativo, senza riguardo per il mondo dell'arte che comunque è fatto da critici indipendenti e di pubblicazioni asseverate, di mercanti dal fiuto e conoscenze innegabili e da contesti espositivi che attestano un legame tra chi chiama un artista e l'artista stesso, un legame basato sulla comprensione profonda del senso artistico di quell'artista e delle sue opere.
Per fare un esempio, fino a dieci anni fa, Doig era completamente ignorato, aveva difficoltà a sopravvivere, per poi ritrovare una sua tela a 7 milioni di sterline in asta.
Di tutti i nomi e geni che sono riportati in questo articolo, quanti saranno ancora vivi artisticamente tra dieci anni?
Sapete che Schifano non ha un solo quadro in un grande museo americano? Per dire che qui da noi molti mercanti nemmeno lo trattano schifano, mentre in televisione lo sentite osannare e proporre a prezzi di dieci-venti mila euri. E vi dico: quante opere uniche esistono di Schifano? Non lo sa nessuno!
Ma dove arrivano i soldi per chi fa quelle trovate con lenzuola e materassi, nelle varie performance per il mondo? Dagli stessi enti e organizzazioni politico finanziarie che organizzano il tutto.
Quello che vorrei mettere in evidenza è che secondo certi geni dell'ingegneria sociale di sinistra (il mulino ecc.) portare l'arte al popolino è un bene, ma non vogliono aprire gli occhi sul fatto che in questo modo si svilisce e si rende il valore dell'arte al pari di uno spettacolino di periferia, di un giochetto per gli occhi e magari anche multisensoriale, luci, suoni ecc.
Che c'è di male? Abbinare come negli anni ottanta del craxismo e della milanodabere, una sfilata di moda ai quadri della transavanguardia, esposti in bella mostra lungo le entrate e passarelle.
E' veramente roba di sinistra? Si, perché quelli pensano che todo modo por buscar, tutte le strade vanno bene per portare l'arte al popolo.
Per contro i furbetti alla Berlusconi, i tanti aspiranti berluschini, pensano che unire arte e moda, industria e commercio sia un bell'affare per tutti.
Va bene, continuiamo così.
Basta coi soliti artisti. Riscoprire le meteore del passato con Elena del Drago
Il problema di oggi è che l'arte viene sempre più spesso mischiata con design, moda, eventi culturali del tutto improbabili, comunque tutti caratterizzati dalla ricerca dello strano, dello scandalo, della sorpresa, del fantastico e del disgustoso, che da comunque brividi. Si confonde l'arte e la sua visione e interpretazione con l'epidermica e più popolana e a buon mercato esperienza dell'installazione, della performance e insomma del colpire un pubblico sempre più vasto (nelle speranze) e sempre più incolto e impreparato, cercando di suscitare provocazione, disgusto, senso di alterazione sensoriale, tutta roba che ha a che fare solo di striscio con la vera arte.
Ci sono in proposito da molti anni, una corrente di artisti che se pur seri e anche geniali, compongono giochetti ottici, con uso di specchi, lamiere, strisce di colore, colate di medium e chi ne ha più ne metta. In pratica portano sul piano del 3D quello che si fa con il computer e la chiamano Op art.
Ma secondo molti, questo tipo di esperienza artistica, è una esperienza sensoriale ma che non ha nulla a che vedere con la vera forma artistica che si centra sui temi della vita e morte dell'umano, e dei suoi aspetti conflittuali o meno del contesto sociale.
Allo stesso modo, molte forme di installazioni e performance non sono arte, ma una forma di rappresentazione estemporanea, non destinata ad essere acquisita in modo permanente, allo scopo di creare una rappresentazione che conduce ad una esperienza sensoriale e intellettuale del fruitore. Qui si parla di fruitore in senso proprio, mentre l'arte si può pure consumare ma anche acquisire, esporre e conservare propriamente.
In questo senso ad esempio, Hirst è un artista che non mira a creare performance o esperienze di contesto ma si avvale di un oggetto artistico, su cui l'osservatore proietta sensazioni, emozioni e pensieri; lo si può acquisire e conservare, e in tutto e per tutto non c'è una vera differenza tra una qualsiasi scultura e lo squalo da 13 milioni di dollari, al tempo, nella grande teca di formaldeide.
Anche i grafitari e writers non creano intenzionalmente una performance né installazioni, semplicemente utilizzano muri e supporti urbani dove appiccicare i loro cartoni su cui realizzano i lavori con stencil preparati in studio.
Di fatto i cartoni sono perfettamente rispondenti ai criteri di comune oggetti d'arte: sono trasportabili, collezionabili, conservabili e la loro fruizione è solo apparentemente una installazione ma si tratta anche di una esposizione in luoghi e contesti aperti e di pubblico passaggio.
Non è differente da entrare in un grande museo e attaccare alle pareti dei cartoni preparati e realizzati con stencil e spray.
Senza contare che oggi lo sappiamo benissimo, questo modo di utilizzare forme artistiche in contesti mischi e ambigui, design, architettura, moda, pubblicità, finisce per creare dei piccoli genietti che al 70% finiscono per non sentirsi più dopo qualche mese o un paio di anni.
Perché alcune grandi tele di Peter Doig valgono milioni di sterline in aste, mentre tutta la spazzatura delle performance e installazioni di queste kermesse settimanali dell'arte come spettacolo non producono praticamente nulla di valido, almeno in senso economico e finanziario? Perché i veri artisti sono sempre un numero chiuso (numero clausus) in tutto il mondo, tutti gli altri sono piccoli genietti che cercano di affermarsi in tutti i modi o più semplicemente scaltri arrivisti che credono di accorciarsi e semplificarsi la vita partecipando a kermesse organizzate dal sistema politico locale, finanziario e amministrativo, senza riguardo per il mondo dell'arte che comunque è fatto da critici indipendenti e di pubblicazioni asseverate, di mercanti dal fiuto e conoscenze innegabili e da contesti espositivi che attestano un legame tra chi chiama un artista e l'artista stesso, un legame basato sulla comprensione profonda del senso artistico di quell'artista e delle sue opere.
Per fare un esempio, fino a dieci anni fa, Doig era completamente ignorato, aveva difficoltà a sopravvivere, per poi ritrovare una sua tela a 7 milioni di sterline in asta.
Di tutti i nomi e geni che sono riportati in questo articolo, quanti saranno ancora vivi artisticamente tra dieci anni?
Sapete che Schifano non ha un solo quadro in un grande museo americano? Per dire che qui da noi molti mercanti nemmeno lo trattano schifano, mentre in televisione lo sentite osannare e proporre a prezzi di dieci-venti mila euri. E vi dico: quante opere uniche esistono di Schifano? Non lo sa nessuno!
Ma dove arrivano i soldi per chi fa quelle trovate con lenzuola e materassi, nelle varie performance per il mondo? Dagli stessi enti e organizzazioni politico finanziarie che organizzano il tutto.
Quello che vorrei mettere in evidenza è che secondo certi geni dell'ingegneria sociale di sinistra (il mulino ecc.) portare l'arte al popolino è un bene, ma non vogliono aprire gli occhi sul fatto che in questo modo si svilisce e si rende il valore dell'arte al pari di uno spettacolino di periferia, di un giochetto per gli occhi e magari anche multisensoriale, luci, suoni ecc.
Che c'è di male? Abbinare come negli anni ottanta del craxismo e della milanodabere, una sfilata di moda ai quadri della transavanguardia, esposti in bella mostra lungo le entrate e passarelle.
E' veramente roba di sinistra? Si, perché quelli pensano che todo modo por buscar, tutte le strade vanno bene per portare l'arte al popolo.
Per contro i furbetti alla Berlusconi, i tanti aspiranti berluschini, pensano che unire arte e moda, industria e commercio sia un bell'affare per tutti.
Va bene, continuiamo così.



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