domenica 17 settembre 2017

Perché Alberto Burri fa 10 milioni di dollari e Christopher Wool 26 milioni?

E' una domanda che ci facciamo spesso e la cui risposta purtroppo genera un senso di desolazione e impotenza. Si, perché un artista conosciuto, forse dopo Fontana il più noto del dopoguerra
italiano, come Alberto Burri, ha strappato un misero record di 10 milioni di dollari, con assegnazione sotto il minimo di valutazione, (Fontana, il nostro ariete e punta di diamante, ha un record di 20 milioni tondi).
Per contro, un ragazzone, che fino a dieci anni fa si dedicava ai famigerati drippings, per poi passare ad una tecnica più elaborata, ma nel contempo con enormi tele con scritte lettere giganti con le formelle e lo spray, il tutto sempre con grandi acclamazioni, grandi inchini, studi e tesi di laurea, acquisizioni di musei e insomma tutta la macchina che si mette in moto in questi casi ormai ben studiati e ben conosciuti. 
Il risultato? Il record a 26 milioni di dollari a salire, vedrete. Mentre il povero collezionista di Burri, può cavarsela stando sotto la stima minima, e portarsi via con 10 milioni, una balla storica, con colore rosso, che dovrebbe stare solo in un museo importante, in quanto pezzo della storia dell'arte della seconda metà del novecento.
La risposta alla domanda, dicevamo. Semplice: senza un sistema coeso, sostenuto da un governo e da una volontà politica, non si riuscirà a competere nel mercato internazionale dell'arte, anche quando entrano in ballo artisti di grande calibro, con pezzi da museo.
Ecco allora la sudditanza, tutta italica, che un territorio che produce grande arte in passato come nell'oggi, che lo relega nelle retrovie del panorama internazionale, battuti e stracciati persino da una smargiassata di Murakami.
Ecco che si butano nel calderone della Biennale, che molti considerano da tempo una kermesse da circo degli orrori e dei mostri, una accozzaglia di artisti nuovi, senza riguardo per una loro coesione di stili e tecniche, senza curarne una successiva valorizzazione.
Si passa per la biennale o per la quadriennale come in uno scivolo, da cui poi si discende esattamente come si era saliti. Tutti sono passati, ti hanno dato una occhiata divertita o rapida, tra un panino e una bibita e fine della fiera; avanti un altro giro, signori si parte!

Ma voglio riprendere un discorso che mi fece Burri in quel di costa Azzurra a fine anni ottanta e lo voglio mettere in una forma mia.
Perché un trittico di Francis Bacon fa 142 milioni di dollari, più di un Van Gogh?

Premessa: Bacon ha un numero di opere ben note e limitato, ma certo fa pensare il fatto che un'opera singola avesse un record di 50 milioni, mentre un trittico, cioè tre opere in sequenza, raggiunga un valore praticamente di una al suo record per tre volte. Uno si aspetterebbe un valore attorno ai 80-100 milioni al massimo.

Burri mi diceva che sa bene quali meccanismi spingono le quotazioni degli artisti in attività:
intanto un Van Gogh è un numero limitato di quadri, quindi non ci sono fenomeni di accumulo in frigorifero (tenerli in serbo);
al contrario, un Christopher Woll, produce e sforna decine e decine di quadri all'anno e se ne ho acquisiti una ventina, a prezzi da mercatino, ho tutto l'interesse a spingere le offerte delle sue opere alle aste internazionali.

Il meccanismo che fa la differenza tra wool e altri suoi coetanei di talento, spesso è nella fortuna, nell'incontrare la cordata giusta di chi investe su di te e sarà pronto a sostenerti nelle quotazioni.
Ecco che un Wool fa già 26 milioni di record, mentre altri artisti di genere simile, che lavorano con stratificazioni di colori, applicazioni serigrafiche e superstampa, cancellazioni e cambiamenti di piani, avvicinando alcuni metodi della tradizioni informale alla pop, restano si fa per dire al palo, con quotazioni che al massimo sfiorano le 100 mila euro.
Teniamo presente che nel mondo ci sono un migliaio di famiglie che dispone di miliardi di dollari e non sa dove metterli; per questo, dopo aver preso una imbarcazione da 20 milioni di dollari, può decidere di metterci sopra qualche quadretto, pagato in asta decine di milioni.
E' una forma di investimento su beni materiali, in un modo in cui prevale la finanziaria dematerializzazione.

Se poi teniamo conto che il signor Pinault possiede l'intera casa d'aste più quotata al mondo, Christie's appunto, si capisce che lo stesso Pinault potrebbe aver fatto shopping acquistando koons al suo record (58 milioni ).
Fatevi qualche conto...
E mentre il signor avvocato, ben piazzato nel suo foro, magari anche massone convinto da molti decenni, sostenitore di questa o quella causa sociale, magari anche piccolo foraggiatore della sezione locale del partito, contributore della locale Croce di vari colori, mette da parte i suoi bravi 20-30 mila euri ogni anno per arricchire la sua collezione di Birolli, Morlotti, Vedova o Maino, qualche Schifano non si nega a nessuno, ne esistono migliaia e migliaia in giro, ecco che questo povero diavolo deve assistere impotente all'asta di un BYA (artista giovane British), che con una delle tante sbruffonate, raggiunge o sfiora il milione di dollari.
Eh si! Il mondo è proprio ingiusto, tanto più se si considera che il ricco e grasso farmacista o il dentista che sbanca in città, che dispone di decine e decine di migliaia di euri ogni anno da poter spendere, non si interessa per niente all'arte, per lui solo mattoni e robe finanziarie.
Coraggio avvocato, tifiamo per lei! Con affetto.